Ucraina: senza tetto né legge.
È straziante, ogni giorno, assistere alle notizie di guerra che giungono dalla martoriata terra di Ucraina. Nel dipanarsi dei giorni, ormai sono ventisei dall’invasione russa, la distruzione del Paese si profila sempre più evidente, in un orizzonte di fuoco che man mano diventa sempre più cruento e definitivo. Da ogni parte traspare netta la sensazione dell’impossibilità di trattare se non la pace almeno una tregua che permetta agli abitanti di recuperare un minimo di speranza sulla possibilità di sopravvivenza. Di credere che per loro ci possa essere ancora un domani da raccontare.
Con i negoziati in stallo, impantanati come i carri armati nel fango della pianura ucraina, continuano invece le devastazioni contro le città, martoriate e sventrate dai bombardamenti russi, in spregio a qualsiasi norma di diritto internazionale. Piovono bombe su Kyiv e su Odessa; Mariupol nella morsa del fuoco e della fame consuma la sua agonia. E mentre si assiste alla distruzione sistematica di un Paese, gli sfollati sono diventati circa sei milioni e mezzo: di questi, una metà è risuscita a trovare rifugio oltre confine – con la Polonia che ne ospita oltre due milioni – mentre l’altra metà vaga dentro i confini, oltraggiata nel corpo e nello spirito, nel disperato tentativo di sottrarsi alla morte.
Dalle missioni orionine giungono notizie che continuano a generare apprensione, mitigata solo dal sapere che le suore e i religiosi sono ancora vivi e riescono, nonostante tutto, nella loro opera di servizio, anche grazie al sostegno della generosità dei tanti che partecipano alle sofferenze della popolazione, ostaggio della barbarie, con l’invio di viveri e altro materiale necessario. Le suore della missione di Kharkiv, rifugiate a Jazłowec, presso il monastero di Niepokalanek, insieme a ventiquattro mamme con bambini, raccontano della riconoscenza per gli aiuti che giungono da Polonia, Italia, Svizzera; aiuti che a loro volta condividono con chi è in condizioni ancora peggiori nelle zone dell’est, come Kharkiv, città tra le più colpite dai bombardamenti. In un messaggio di qualche giorno fa, Sr. M. Kamila scrive: “Oggi abbiamo inviato un intero autobus con un generatore di elettricità, un forno per il pane, sacchi a pelo, coperte, cibo per i residenti di Kharkiv, che si riparano sempre dalle sparatorie nella metro o nei seminterrati. Domani, se sarà possibile, un altro autobus andrà a Korotycz con cibo e provviste per i bambini. Ammiriamo le persone che, nonostante il pericolo, consegnano questi aiuti rischiando la propria vita! Specialmente i nostri sacerdoti che sono rimasti a Kharkiv! Pregate perché presto ci sia la pace, la pace che tutti abbiamo bisogno di recuperare! Pregate per l’Ucraina! E grazie, grazie carissimi!”.
In tutta Italia, la gara di solidarietà non si ferma e anche dall’Irpinia non è mancata la partecipazione di tanti che hanno scelto il Centro Don Orione di Savignano come punto di raccolta di fondi e di beni di ogni genere. Così, mentre i contributi in denaro sono stati consegnati alla Fondazione Don Orione, il materiale radunato è stato trasportato a Roma perché fosse avviato per la definitiva destinazione.
Don Giovanni Carollo, direttore provinciale, nell’aggiornare i dati dell’ospitalità orionina per i profughi, informa che allo stato sono oltre trecento le persone già alloggiate in varie zone d’Italia, mentre tante sono le offerte di nuove disponibilità di accoglienza che continuano a giungere. “La Provvidenza c’è e si sente – riflette don Giovanni – da chi mette a disposizione la sua casa, a chi offre un pullmino per i viaggi, a chi offre la sua preghiera, a chi dà un contributo in denaro. Don Orione ci chiama oggi a rispondere a questo dramma accogliendo e spalancando il cuore ai fratelli e sorelle ucraini”.
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