Giornata del malato. La cura della relazione, fondamento nella promozione del diritto alla salute.
Come ogni anno, in occasione della memoria liturgica della Beata Vergine di Luordes, si celebra la giornata mondiale del malato che quest’anno raggiungeva la XXXII edizione e che papa Francesco ha ricordato con il consueto messaggio ispirato dal passo della Genesi 2,18: “Non è bene che l’uomo sia solo”. Nel testo la raccomandazione di “curare il malato curando le relazioni”. Presso il Centro, luogo dove la sofferenza accompagna l’ultima età della vita, la giornata è stata commemorata questa mattina con una sentita liturgia guidata da don Leonardo Verrilli, rettore del Santuario Incoronata di Foggia.
Commemorata questa mattina la giornata mondiale del malato che cade nella data dedicata alla beata Vergine di Lourdes. Per l’occasione, c’è stata la visita di don Leonardo Verrilli, rettore del Santuario Incoronata di Foggia, che ha raccolto gli ospiti e i loro familiari nella cappella interna del Centro per la celebrazione eucaristica. Nell’omelia, dopo aver rievocato le vicende dell’apparizione della Madonna a Lourdes e ripercorso il cammino ecclesiale verso l’assunzione del dogma legato all’Immacolata Concezione, il celebrante ha richiamato le parole che papa Francesco ha indirizzato nel messaggio per la XXXII giornata mondiale del malato. In particolare, il commento si è soffermato sui passi in cui il papa deplora la cultura dello scarto, frutto dell’individualismo che dimentico del comune destino dell’uomo condanna le persone che non sono più funzionali al mito dell’efficienza a vivere il tempo dell’anzianità e della malattia in solitudine se non addirittura nell’abbandono. Evocando il titolo del messaggio, don Leonardo ha ricordato le parole pronunciate da Dio all’atto della creazione: “Non è bene che l’uomo sia solo”, per riaffermare con il papa, come “la prima cura di cui abbiamo bisogno nella malattia è la vicinanza piena di compassione e di tenerezza. Per questo prendersi cura del malato significa anzitutto prendersi cura delle sue relazioni”. “È possibile?” – ha chiesto don Leonardo, facendo ancora eco al messaggio di Francesco – “Sì, è possibile e noi tutti siamo chiamati ad impegnarci perché ciò accada”. Al termine della funzione il celebrante ha amministrato il sacramento dell’unzione degli infermi a tutti gli ospiti della residenza ricordando che il sacramento è segno di vicinanza di Cristo al sofferente condiviso nella partecipazione comunitaria.


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