Con la pace nel cuore. L’elezione di Leone XIV
Nel tardo pomeriggio di ieri la fumata bianca dal comignolo di San Pietro ha rivelato l’avvenuta elezione del nuovo Pontefice, il 267° nella storia della Chiesa. Poi il cardinale Mamberti, dalla loggia delle benedizioni della basilica di San Pietro, ha pronunciato le rituali parole: habemus papam ed ha presentato il nuovo vescovo di Roma, Robert Francis Prevost, che ha scelto di chiamarsi Leone XIV.
Si è annunciato con parole di pace, col saluto del buon Pastore, rivolgendosi alla sterminata platea assiepata in piazza san Pietro: “Anch’io vorrei che questo saluto di pace entrasse nel vostro cuore, raggiungesse le vostre famiglie”. Quasi a voler contrapporre un argine ai tanti teatri di guerra che continuano ad aprirsi nel mondo, ha ripetuto almeno una decina di volte la parola pace, in questo inusuale discorso di presentazione, diverso dalle stringate parole di saluto che avevamo finora ascoltato dai pontefici precedenti. Ha auspicato la pace del Cristo risorto “una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante”. E poi, quel caldo richiamo a papa Francesco di cui raccoglieva la benedizione pasquale per riproporla nel segno di un ideale collegamento apostolico, specialmente nell’anelito di “costruire ponti con il dialogo, con l’incontro (…) per essere un solo popolo sempre in pace”. Altro riferimento ricorrente in questo discorso, scritto e quindi pensato, è stato alla Chiesa. Ha parlato di “una Chiesa missionaria, una Chiesa che costruisce i ponti, il dialogo, sempre aperta a ricevere (…) tutti, tutti coloro che hanno bisogno della nostra carità, la nostra presenza, il dialogo, l’amore”. Ed anche di “una Chiesa sinodale, una Chiesa che cammina, una Chiesa che cerca sempre la pace, che cerca sempre la carità, che cerca sempre di essere vicino specialmente a coloro che soffrono”.
Sembrano questi i tratti essenziali del nuovo pontificato che Francis Robert Prevost ha legato al nome di Leone. La scelta del nome segna già di per sé un’impronta di un pontificato e se il riferimento è alla figura di papa Pecci, Leone XIII, la memoria corre alle due fondamentali encicliche: la Rerum Novarum (1891) e la Divinum Illud Spiritus (1897) – l’una sulla questione operaia e le condizioni indegne dell’uomo, l’altra sullo Spirito Santo, il grande sconosciuto – che hanno segnato sul piano teologico, filosofico e sociologico il corso degli orientamenti ecclesiastici, e non solo, del Novecento.
Francis Robert Frost è un figlio di sant’Agostino, americano di nascita essendo nato a Chicago, in Illinois, con radici francesi, italiane e iberiche, ma cittadino del mondo avendo trascorso buona parte della sua vita religiosa come missionario in Perù e quest’ultimo tratto, prima del pontificato, in Vaticano, come prefetto della Congregazione dei vescovi. Nel frattempo, è stato anche superiore generale dell’ordine agostiniano. Un capitolo fondamentale della sua vita si è svolto in Perù, prima come missionario tra Chulucanas e Trujillo e poi come vescovo di Chiclayo dove si è distinto nella promozione della giustizia sociale e nella difesa dei diritti dei più deboli. Nel 2023 papa Francesco gli ha affidato la Congregazione che coordina l’episcopato mondiale e nello stesso anno lo ha elevato alla porpora cardinalizia.
All’avvio di ogni pontificato, si rincorrono le previsioni, si cercano segnali e si fanno confronti con i precedenti, specialmente con quello appena concluso. In realtà, ogni pontificato è un’espressione unica e irripetibile nella storia della Chiesa che semper reformanda si rinnova con fisionomie, comportamenti e azioni, nell’annuncio del Vangelo e si fa esperienza storica in comunione con tutto il popolo di Dio.
Per quel che riguarda la comunità orionina sparsa per il mondo, rimane fermo l’insegnamento di don Orione secondo cui “Noi non guardiamo se è Papa l’uno o l’altro, né il nome che ha, né il suo passato. È sempre il Papa che vediamo nella fede, è sempre il Papa che amiamo”. E con questo spirito accogliamo il nuovo Pastore della Chiesa con fiducia e nel segno della speranza, quella stessa che ci accompagna in questo anno giubilare.
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