Giornata mondiale dell’Alzheimer: per non essere lasciati soli.
L’impatto della pandemia da Covid-19 ha inciso in maniera devastante sul mondo delle disabilità ed in particolare sui malati di Alzheimer e sui loro famigliari che, oltre alle difficoltà dal virus imposte a tutti, hanno dovuto subire una serie di restrizioni in ambito sanitario e sociale che hanno compromesso ancor di più le già poche cure che vengono loro dedicate. Una forte preoccupazione, in questo contesto si deve rivolgere all’impegno a carico dei care givers, che rappresentano l’altra faccia di una medaglia ancora in drammatica attesa di essere nobilitata. Anche per tali motivi la Giornata mondiale dell’Alzheimer, che quest’anno celebra la ventisettesima edizione, assume un particolare significato.
Si celebra oggi, la Giornata Mondiale Alzheimer, istituita nel 1994 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’Alzheimer’s Disease International (ADI).
L’obiettivo di questa giornata è innanzitutto quello di dare voce ai problemi che la malattia porta con sé e interpellare la coscienza pubblica sulla gravità del fenomeno che col passare del tempo si mostra in dimensioni sempre più preoccupanti, visto il drammatico aumento che si registra di anno in anno. Infatti, nel mondo si contano oggi circa 40.000.000 di persone che soffrono di varie forme di demenza; in Italia, attualmente, si stimano oltre un milione e duecentomila casi di demenza, 720mila dei quali legati a questa specifica patologia.
La malattia di Alzheimer, che in media si manifesta a circa vent’anni dalla sua insorgenza, è caratterizzata da un progressivo declino della memoria e di altre funzioni cognitive, causato dall’alterazione delle funzioni cerebrali che progressivamente riducono nel paziente le normali attività quotidiane. Ciò obbliga ad innescare una serie di forme di sostegno che in primo luogo coinvolgono i familiari, oggi ancora troppo spesso lasciati soli di fronte alla malattia, nel quotidiano carico di cura dei propri congiunti e che da anni sono in attesa di una legge che riconosca il ruolo dei portatori di cure, apportando le dovute risposte ai loro bisogni. In Italia sono otto milioni e mezzo le persone chiamate a prendersi cura di figli, fratelli, genitori e compagni malati, non autosufficienti, disabili nel fisico e nella mente.
Allo stato, nel tentativo di allargare l’area normativa della legge 104, giace in Commissione Senato una proposta che in realtà non sposta di molto i termini del problema, visto che il testo in esame si limita a prevedere che l’attività di assistenza rimanga gratuita mentre le caratteristiche dell’impegno dei portatori di cure richiedono sostegni economici, tenendo presente, tra l’altro, che non di rado la necessità di dedicare una presenza costante accanto al malato costringe a lasciare il lavoro. Allo stesso modo, da più parti si auspicano interventi in campo previdenziale e misure di tutela assicurativa, nonché la realizzazione di una rete solidale che faccia da supporto per dare aiuto concreto ai familiari. Anche perché studi clinici assicurano che la malattia si può contrastare e rallentarne quantomeno gli effetti permettendo al paziente di coltivare relazioni sociali, svolgere attività fisica e intellettiva e mantenere uno stile di vita corretto.
Si tratta, in definitiva, di un’emergenza sanitaria da affrontare con la collaborazione di famiglie, medici e istituzioni affinché sia possibile adottare soluzioni concrete in risposta ai bisogni dei pazienti e di chi vive con loro la sofferenza della malattia.
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