“NATALE DOLCEZZA DI DIO”
Il miracolo di quella notte
Il poeta francese Paul Claudel è nato il 6 agosto 1868, ma egli afferma di essere nato veramente il 25 dicembre 1886, nella basilica di Notre-Dame, a Parigi. Egli scrive: “Ecco come era il giovane infelice che il 25 dicembre 1886 si recò a Notre-Dame di Parigi per assistere all’ufficio di Natale. Cominciavo allora a scrivere e mi sembrava che nelle cerimonie cattoliche, considerate con superiore dilettantismo, avrei trovato uno stimolo opportuno e la materia per qualche esercizio decadente […]. Stavano cantando ciò che più tardi ho saputo essere il Magnificat. Io ero in piedi tra la folla […]. In quel momento capitò l’evento che domina tutta la mia vita. In un istante il mio cuore fu toccato e io credetti […] Ma era vero? Era proprio vero! Dio esiste, è qui. È qualcuno, un essere personale come me! Mi ama, mi chiama” [1]. “Da allora, quel giorno e il mistero che in esso si celebra diventarono un punto di convergenza della sua vita e della sua ispirazione poetica. In realtà tutta la sua opera è un incessante ritorno, sui sentieri più diversi, alla grotta di Betlemme” [2]. La meraviglia di Claudel nasce dallo “stato di annientamento, di totale rinuncia che è stato scelto dal Signore del Sinai nella folgore, il Signore sul quale Mosè non avrebbe potuto alzare lo sguardo senza morire” [3]. E continua: “E si mette nudo tra le nostre braccia, questo fragile bambino dal quale San Paolo dice venire ogni paternità [4]. Egli non comanda più. Chiede. Ci fa sapere che ha bisogno di noi, che la sua debole mano cerca come può il nostro cuore. Egli cerca di risvegliare in noi una parentela indispensabile, irresistibile. Si direbbe che abbia dimenticato di essere Dio, e che solo sulle nostra labbra voglia farselo dire. Si dà a pesare. C’è un Dio, tra le braccia della sua creatura che si rende conto di quel che Egli pesi. Ed io, uomo, io sostengo Dio” [5].
I. “Et Verbum caro factum est” (Gv 1,14)
Premessa. Inizialmente le due feste, Natale ed Epifania, costituivano un’unica festa avente un unico oggetto: l’incarnazione del Verbo, celebrata però con accentuazioni, sotto una denominazione e in date differenti in Oriente e in Occidente: qui il 25 dicembre come festa di Natale, là il 6 gennaio come festa dell’epifania. La distinzione in due feste dal contenuto diverso avviene tra la fine del IV sec. e l’inizio del V.
1. LA STORIA DELLA FESTA DI NATALE – Verso l’anno 336 abbiamo notizia di una festa del Natale a Roma, dove veniva celebrata il 25 dicembre. Da s. Agostino veniamo a sapere che anche in Africa, pressappoco allo stesso tempo, si celebrava in uguale data il Natale. Verso la fine del IV sec. la festa è ormai stabilita nel Nord Italia ed è considerata tra le grandi solennità; così anche in Spagna. Nello stesso periodo, come apprendiamo da un discorso di s. Giovanni Crisostomo, pure ad Antiochia si celebrava il Natale il 25 dicembre come festa venuta da Roma, ma distinta dal-l’epifania, celebrata il 6 gennaio.
2. LE ORIGINI DELLA FESTA DEL NATALE – Al sorgere della celebrazione del Natale hanno contribuito cause diverse. Il 25 dicembre, evidentemente, non è la data storica della nascita di Gesù, ma è stata scelta nel tentativo, da parte della chiesa di Roma, di soppiantare la festa pagana del «Natalis (solis) invicti». Il culto del sole era molto in voga in quel periodo di decadente paganesimo e al solstizio d’ inverno avvenivano solenni celebrazioni. Per allontanare i fedeli da queste feste idolatriche, la chiesa ha richiamato i cristiani a considerare la nascita di Cristo, vera luce che illumina ogni uomo. Le grandi eresie cristologiche dei secoli IV e V e la celebrazione dei quattro concili ecumenici di Nicea (325), Costantinopoli (381), Efeso (431) e Calcedonia (451), hanno fatto del Natale, soprattutto per opera di s. Leone Magno, l’ occasione per affermare l’autentica fede nel mistero dell’incarnazione.
3. LA STRUTTURA DEL TEMPO DI NATALE – La riforma liturgica del Vaticano II ha conservato sostanzialmente la precedente impostazione del tempo natalizio; l’ha però notevolmente arricchito di testi e anche di alcune celebrazioni, come, ad es., la messa vespertina della vigilia; il ricupero della celebrazione della divina maternità di Maria nell’ottava del Natale, secondo l’antica tradizione; un maggior rilievo dato al mistero del battesimo di Gesù, celebrato nella domenica dopo l’epifania; la festa della s. Famiglia, traslata alla domenica dopo il Natale. Il tempo natalizio, poi, decorre dai primi vespri del Natale del Signore fino alla domenica dopo l’epifania compresa, ossia fino alla domenica dopo il 6 gennaio [6].
4. LA TEOLOGIA DELLA CELEBRAZIONE DEL NATALE – La realtà celebrata nella solennità del Natale, la ‘venuta’ del Figlio di Dio nella carne, si concretizza nella nascita di Gesù da Maria e negli eventi della sua infanzia. L’ espressione ‘Natale Domini’ esprime il carattere storico e concreto di questa festa. La celebrazione del Natale, però, non si ferma al fatto storico, ma da questo risale al suo vero fondamento, il mistero dell’incarnazione.
a. Natale, mistero di salvezza – Anche se s. Agostino non riteneva la celebrazione del Natale un ‘sacramento’ (mistero) come la pasqua, ma una semplice ‘memoria’ intesa come anniversario, il papa s. Leone Magno ha dato a questa solennità il suo vero fondamento teologico. Egli parla del «mistero della natività di Cristo» («sacramentum nativitatis Christi») per indicare il valore salvifico dell’evento. Le pagine del vangelo e dei profeti che annunciano questo mistero — dice s. Leone — «ci infervorano e ci ammaestrano che il Natale del Signore, quando il Verbo si è fatto carne (Gv 1,14), non ci appare come un ricordo del passato, ma lo vediamo al presente», perciò «la presente festività rinnova per noi il sacro Natale di Gesù» . Va tuttavia tenuto presente che se il Natale è «sacramento di salvezza», esso non è la celebrazione della pasqua. Esso rende presente il punto di partenza di quanto si è compiuto nella carne di Cristo per la nostra salvezza.
b. L’incarnazione del Verbo – Per meglio comprendere il contenuto delle solennità natalizie occorre ricordare il senso originario della celebrazione espresso nella formula «manifestazione del Signore nella carne». Con s. Leone Magno — il papa del concilio di Calcedonia [7] — il Natale è diventato la celebrazione del mistero dell’ incarnazione secondo la fede della chiesa contro ogni interpretazione errata, gnostica, ariana, docetista, manichea o monofisita. I testi dell’attuale liturgia sono ancora pieni delle espressioni dogmatiche che precisano la fede nel mistero dell’incarnazione.
c. Il mirabile scambio tra la divinità e l’umanità – Il tema dello scambio mirabile di «Dio che si è fatto uomo affinché l’uomo diventasse Dio» è al centro di tutta la ricca liturgia romana del Natale. Il primo atto di questo scambio si opera nell’umanità di Cristo: il Verbo ha assunto ciò che era nostro per darci ciò che era suo. Il secondo atto dello scambio consiste nella nostra reale ed intima partecipazione alla divina natura del Verbo: il Salvatore del mondo, che oggi è nato, ci ha rigenerati come figli di Dio.
d. Il Natale nella prospettiva della Pasqua – L’approfondimento biblico-teologico del mistero di Cristo ha fatto scoprire l’orientamento pasquale del mistero dell’incarnazione. Il Figlio di Dio assume un corpo per offrirsi al Padre con un sacrificio esistenziale e personale (cfr. Eb 10,5-10). Dietro i due giorni festivi della pasqua e del Natale c’è un’unica prospettiva di fondo: l’esaltazione del Signore. Non si tratta soltanto e primariamente di una successione storica degli eventi di Betlemme e di Gerusalemme, ma di quella intelligenza del Cristo da parte della chiesa che ha avuto il suo sigillo nell’insegnamento del Vaticano II.
In questa visione teologica, il Natale va visto anche come il principio della chiesa e della solidarietà di tutti gli uomini. La generazione di Cristo – afferma s. Leone Magno – è l’origine del popolo cristiano: il Natale del capo è anche il Natale del corpo. Con l’incarnazione, poi, il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo (cfr. Gaudium et spes 22). Infine il Natale è anche mistero di rinnovamento del cosmo: il Verbo assume in sé tutto il creato per sollevarlo dalla sua caduta e per reintegrare l’universo nel disegno del Padre (come proclamiamo nel secondo prefazio di Natale).
5. LA SPIRITUALITÀ DEL NATALE – Il mistero del Natale non ci offre soltanto un modello da imitare nell’umiltà e povertà del Signore che giace nella mangiatoia, ma ci dona la grazia di essere simili a lui. La manifestazione del Signore conduce l’uomo alla partecipazione alla vita divina. La spiritualità del Natale è la spiritualità dell’adozione a figli di Dio. Ciò deve avvenire non per un’imitazione di Cristo ‘dal di fuori’, ma nel vivere Cristo che è in noi e nel manifestare lui vergine, povero, umile, obbediente. S. Leone Magno invita il cristiano a riconoscere la propria dignità affinché, reso partecipe della natura divina, non voglia tornare all’abiezione di un tempo con una condotta indegna.
Infine, poiché Dio ci rende suoi figli in Cristo, inserendoci come membra nel corpo della chiesa, la grazia del Natale esige come risposta una vita di comunione fraterna.
La pastorale dovrà valorizzare la celebrazione natalizia per formare i fedeli all’ autentica fede nel Cristo, che non può tuttavia essere disgiunta dall’autentica visione dell’uomo, perché «soltanto nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo» (Gaudium et spes 22). Il Natale, oggi, dovrà essere celebrato anche come la grande festa dell’uomo. Cristo, infatti, «che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa conoscere la sua altissima vocazione» (Gaudium et spes 22).
II. “Vidimus enim stellam eius in oriente et venimus adorare eum” (Mt 2,2)
Premessa. Il termine greco ‘epifania’ o ‘teofania’ ha il significato di autonotificazione, entrata potente nella notorietà e si riferiva all’arrivo di un re o di un imperatore. Lo stesso termine, però, serviva anche ad indicare l’apparizione di una divinità o un suo intervento prodigioso. Nessuna meraviglia che col nome ‘epifania’ si sia chiamata in Oriente la festa del Natale del Signore, la sua ‘apparizione’ nella carne.
1. STORIA DELLA FESTA DELL’EPIFANIA – Già nel Il sec. si ha notizia di una festa cristiana, celebrata dalle sette gnostiche il 6 gennaio, con la quale si commemorava il battesimo di Gesù. Nella seconda metà del IV sec. Epifanio dà la prima notizia della festa ortodossa dell’epifania, intesa come celebrazione della venuta del Signore, ossia la sua nascita umana e perfetta incarnazione. Al tempo di s. Giovanni Crisostomo la festa si celebra ad Antiochia e in Egitto e ha per oggetto la nascita e il battesimo di Cristo. Quando la festa dell’epifania è entrata in Occidente, ha cambiato significato, celebrando la «rivelazione di Gesù al mondo pagano» col suo prototipo nella venuta dei magi a Betlemme per adorare il neonato Redentore. A questo episodio si univa anche il ricordo del battesimo di Gesù e il suo primo miracolo a Cana. Quando il Natale è entrato nell’Oriente, ha rotto il significato primitivo dell’epifania, la quale è diventata prevalentemente la festa del battesimo di Gesù.
L’occasione del sorgere della festa dell’epifania in Oriente non è molto diversa da quella per cui è sorto il Natale in Occidente. I pagani celebravano anche in Oriente, e particolarmente in Egitto, la festa del solstizio invernale [8]. I cristiani, tredici giorni dopo il 25 dicembre, quando l’aumento della luce è più visibile, al 6 gennaio celebravano il Natale per evidenziare che Gesù nascendo in quel giorno dimostrava di essere la luce vera.
2. L’OGGETTO DELL’ATTUALE CELEBRAZIONE DELL’EPIFANIA – Nell’ accettare l’epifania dall’Oriente, la maggior parte delle chiese occidentali hanno inteso celebrare principalmente la venuta dei magi, visti come ‘primizie delle genti’ con la conseguente manifestazione di Gesù quale Signore di tutti i popoli. In questo modo in Occidente si è nettamente distinto l’oggetto della celebrazione delle due feste: la nascita di Cristo, a Natale; l’omaggio delle nazioni, all’epifania. Il mistero, dopo la riforma liturgica del Vaticano II, è ben espresso e sintetizzato dall’ embolismo del prefazio: «Oggi in Cristo, luce del mondo, tu hai rivelato ai popoli il mistero della salvezza, e in lui apparso nella nostra carne mortale ci hai rinnovati con la gloria dell’immortalità divina».
Tutto il formulano liturgico, sia del Messale sia della Liturgia delle ore, evidenzia l’universalità della salvezza in Cristo; il mistero sponsale di Cristo che si unisce alla sua chiesa per purificarla e santificarla; il mistero della chiesa missionaria, segno elevato sopra i popoli per riunire i dispersi figli di Dio. Entra nel complesso delle ‘feste epifaniche’ sia la celebrazione del battesimo di Gesù (domenica dopo l’epifania) sia la festa della presentazione del Signore al tempio (2 febbraio).
III. Babbo Natale (e la Befana)
“Nessuna festa cristiana – scrive Davide Magni – è penetrata così profondamente nelle tradizioni come il Natale. Tuttavia, lo sappiamo bene, il Natale lo festeggiano tutti, anche chi cristiano non è. Anticamente era la festa pagana del Dio sole, in coincidenza con il solstizio d’inverno; oggi continua a essere l’opportunità di festeggiare molte cose, con le molte tipologie di «Natale»: consumistico, vacanziero, festaiolo, folkloristico. Ma, per il cristiano, esiste un solo Natale: quello di Dio che, poiché ci ama, si è incarnato nella nostra vita reale e concreta. È venuto in questa nostra vita per insegnarci ad essere autenticamente felici, ad essere nella gioia, illuminando con la sua luce le nostre notti di smarrimento e di dolore. Il Natale, per ogni cristiano, è il dono di se stesso che Dio fa a noi” [9]. Alcuni anni fa, notava acutamente l’allora cardinale Joseph Ratzinger: “Se la gente si allontana è anche perché gli abbiamo dato l’ impressione che il credere sia un «sistema» complesso, mentre invece è tutto così facile: c’è un Dio, un Dio che è Amore e che ha voluto incontrarci nella persona di Gesù di Nazareth”.
A volte ciò che ci scandalizza è proprio questa «normalità», questa «vicinanza»: “Dio nasce come ogni uomo nasce. Un bambino non fa paura a nessuno, non può imporre niente, non ha nessun potere. Dio, che per definizione è «onnipotente», sceglie di non esercitare la sua forza per costringerci a sceglierlo, a credergli. Dio è rispettoso della nostra libertà perché si dona a noi, non si impone” [10].
Come celebrare allora il Natale? Cosa aspettarsi da questo tempo di grazia? Come viverlo in profondità? Per molti il Natale si risolve solo nei regali, per altri è la «festa della famiglia», per altri ancora è la «festa della pace». Per alcuni è andare al cinema per vedere un film comico, spesso infarcito di parolacce; per altri è limitato al classico cenone. E c’è chi non vede l’ora che passi! Un Natale, tanti Natale…
Con la semplicità dei piccoli noi vogliamo credere che “il Natale ci viene sempre a ridire la bellezza del dono della vita, la quale è più forte di tutte le nostre morti e di tutti i nostri rifiuti. Perché il Dio che nasce in somma povertà in una stalla, muore in croce e il terzo giorno risorge! Si tratta di accettare il fatto di essere amati: allora non avremo più paura di vivere, allora saremo capaci di voler bene, di essere misericordiosi. Come misericordioso è lo sguardo del bambino Gesù che ci guarda, ma dal basso della mangiatoia: non dall’alto di una cattedra. Non è un giudice che emette sentenze, ma il Dio con noi che vuole la nostra piena felicità” [11].
Una volta i bambini scrivevano le letterine a Gesù bambino; oggi si scrivono a Babbo Natale. È Babbo Natale che sta sulla bocca della maggioranza dei genitori e di conseguenza dei bambini, che naturalmente non hanno colpe. È Babbo Natale che risolve tutti i nostri desideri. Il consumismo ha spodestato il bambino Gesù e chi detta le regole è sempre lui, l’uomo dalla lunga barba bianca. Si obietta: non bisogna togliere il sogno ai bambini! Giusto. Ma al bambino un genitore cristiano comincerà a dirgli, fin dall’infanzia, che Dio ci ama e ci aspetta sempre a braccia aperte, proprio come Gesù bambino nella mangiatoia e, quando comincerà a capire di più, gli dirà che “non una formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi!” [12].
Buon Natale!
[12] GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica Novo millennio ineunte (6 gennaio 2001), n. 29.
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